Questa intervista è stata precedentemente pubblicata su Toh! n.25
Il mio primo incontro con Héloïse Letissier, in arte Christine and the Queens, è stato del tutto casuale; era il 2014 e con TOH! ci trovavamo a Parigi per fotografare l’attore Matthieu Charneau in un piccolo albergo zona Marais, il set era bollente e dal suo iPhone usciva questa voce calda ad avvolgere pattern elettronici e anche tutti noi.
Matthieu ci raccontò che era una cantante francese il cui album non era ancora uscito ma che sarebbe diventata una star perché bravissima e intelligente. Così è stato, il suo album di debutto ha fatto incetta di premi in Francia, i suoi live hanno fatto record di presenze lasciando il segno su importanti palchi quali SXSW e Coachella.
A distanza di due anni dalla sua uscita francese Chaleur Humaine viene pubblicato in Italia in un re-pack che comprende alcune canzoni rifatte esclusivamente in inglese, perché solitamente Christine and the Queens canta in franglish.
Chaleur Humaine è un album meraviglioso perché trasmette davvero calore, è magico, e per questo è stato in cima alla mia lista dei dischi del 2014 e non ho ancora smesso di ascoltarlo.
Sono stato a vederla a Montecarlo nel 2015 e la rivedrei adesso, in questo istante, da quanto mi ha entusiasmato con la sua voce, la sua energia, la sua mimica, il suo ballo contemporaneo e la sua ideologia no gender. Finalmente ho chiacchierato con Christine e dopo averlo fatto la amo ancor di più.
Hai cominciato la tua carriera a Londra esibendoti con 3 coriste drag queen, (da qui il nome Christine and the Queens). Che ricordi hai di quel periodo e quanto credi questa esperienza abbia definito la tua personalità artistica?
Ero andata a Londra alla ricerca della mia libertà e l’ho trovata proprio grazie a loro. Mi hanno dato il coraggio, mi hanno liberato da un senso opprimente che mi tormentava e mi hanno fatto capire due cose fondamentali: che non dovevo aver paura di me stessa e che dovevo fregarmene del giudizio degli altri. Da lì ho cominciato a sviluppare il personaggio di Christine come se fosse la mia drag queen, senza loro non esisterebbe.
Dopo aver consumato il tuo disco e averti vista dal vivo ragionavo sul fatto che il titolo del tuo album Chaleur Humaine è perfetto perché tu hai questo potere di trasmettere calore e di rendere tutto accogliente, ne sei consapevole?
Volevo un album fatto d’immagini come tante figure astratte che assumono un significato solo quando stanno insieme ed allo stesso tempo volevo fare un album difficile da rinchiudere in una categoria ma senza che fosse estraniante anzi, doveva essere accogliente e trasmettere un po’ di me a chi lo ascolta. Se ascoltandolo percepisci questo calore allora ci sono riuscita.
Hai una forte personalità, vederti dal vivo è un po’ come stare sul palco con te, ballare con te, cantare con te, sudare con te e flirtare con te. Il concept del tour per altro era meraviglioso con elementi di danza, teatro e le coreografie computerizzate dei neon sospesi, qual è stata la principale ispirazione per questo tour?
Ho sempre pensato a Christine come ad un personaggio di scena, quindi è stato naturale per me concepire un tour che sembrasse una pièce teatrale contemporanea con danza, musica e proiezioni. Anche la decisioni di utilizzare solo luci rosse e blu è perchè in mente avevo una tavolozza di colori essenziali e violenti che potessero far scaturire emozioni e sentimenti in chi guarda come fa un prestigiatore in scena, mi sono ispirata molto a Michael Jackson per quanto riguarda i passi di danza e a Pina Bausch per le coreografie, volevo qualoosa che fosse contemporaneamente essenziale, malinconico e potente ma allo stesso tempo imperfetto. Non mi interessa la perfezione il mio show è pieno di improvvisazioni e difetti anche se a prima vista non si notano ma è questo a renderlo unico.
Il singolo Tilted nella versione francese dell’album s’intitola Christine, hai cambiato molto il testo tra le due versioni, trovo che la versione francese sia più descrittiva e divertente, c’è una frase in particolare che ha catturato la mia intenzione: “J’fais tout mon make-up au mercurochrome” (mi trucco con il mercurio cromo). Questo perché mi ricorda quando da bambino mi sbucciavo le ginocchia cadendo, mia madre mi metteva il mercurio cromo e io rimanevo impiastricciato per settimane di rosso… tu che ricordi hai legati a questo coloratissimo unguento?
Interessante sapere che preferisci la versione francese… hahaha sai, questa versione è a sua volta una riscrittura di un testo in inglese, quindi è una canzone che non smette mai di evolversi in qualcosa di diverso. Ma capisco cosa intendi, la versione francese è più Dada con un immaginario assurdo, quella inglese è più cruda e ironica, il mood in effetti non è lo stesso anche se racconto la medesima storia.
Sono sempre stata innamorata del concetto del mercurio cromo, un prodotto che cura e che macchia, giocoso e inquietante allo stesso tempo e come la ferita stessa dura più di quanto ci si aspetti. Ero alla ricerca di una metafora o un’immagine che potevano essere ambivalenti quanto questo prodotto lo è per me: è un ornamento? è divertente o fastidioso? vuol nascondere la ferita o renderla ancora più visibile? In Francia la stessa campagna pubblicitaria che lo accompagnava aveva qualcosa di strano perché veniva sempre proposta tre volte di fila tanto che la prima volta che lo vedevi pensavi si fosse rotta la tv! Le immagini in loop erano contemporaneamente stupide, divertenti e spaventose proprio come il prodotto stesso.
Lo scorso dicembre durante la tappa parigina del Rebel Heart Tour, Madonna ti ha fatto salire sul palco facendoti diventare la sua Unapologetic Bitch; tu sei stata fantastica e io da fan di madonna quale sono ti ho amato e odiato contemporaneamente… raccontami cos’hai provato!
E ‘stata un esperienza sia molto intima, perché sei faccia a faccia con uno dei tuoi idoli adolescenziali che assolutamente travolgente, perché migliaia di persone ti stanno guardando in quello stesso momento. Ricordo di essere rimasta molto colpita dalla responsabilità di Madonna, possiede questo combo favoloso che mescola un energia da macho grezza abbinata ad un atteggiamento e uno spirito femminili, sostanzialmente lei è tutto, lei non è una scelta e vuole che tu lo sappia. E Oh My… anche io sono stata sua per un attimo e mi sono sentita davvero bene.
Le tue influenze si basano sui grandi del pop Madonna, Prince, Michael Jackson, ma anche ad artisti conteporanei quali Kanye West e Grimes, credi che questo mix ti abbia aiutato a sviluppare il tuo stile unico?
Assolutamente si, sono stata ispirata da moltissimi artisti, compreso il regista teatrale Bob Wilson e come ti ho detto prima Pina Bausch, le mie canzoni e le mie creazioni sono creature ibride nel loro stadio iniziale. C’è sempre aualcosa da imparare dai grandi artisti, che sia la loro disciplina o il loro livello di fama, sono sempre desiderosa d’imparare.
Vesti sempre come un uomo, come una giovane Patty Smith o una Florence Welsh dell’era recente, insomma eri no gender prima che fosse una moda, chi sono le tue icone di stile?
Io mi vesto così sempre. Patty Smith è una dlele mie grandi icone di stile, così come Bruce Springsteen, Katharine Hepburn e Annie Hall che è un personaggio inventato ma conta lo stesso. Sono ispirata dai bei ragazzi che camminano là fuori per le strade, poiché la strada è sempre fonte d’ispirazione e ci sono ragazzi che possiedono quella dose di swag perfetta senza nemmeno provare ad ottenerla. Mi piace definirmi una mezza-signora poiché sono cresciuta circondata dalla cultura queer, gente, scrittori, performer, mi hanno aiutato a esplorare la mia identità come qualcosa che non può essere controllata e va lasciata libera.
Hai alle spalle 2 anni di tour, ma credo che per apprezzarti al meglio sia necessario vederti dal vivo. Fare molti concerti ti ha aiutato a farti conoscere? Io credo che il passaparola sia stato fondamentale per la tua carriera e dopo averti visto è impossibile non parlarne a chiunque…
Il tour è il momento della verità. Per me il palco è il luogo in cui un artista si rivela, inoltre i miei artisti preferiti sono dei performer. Il palco è il momento clou di questo progetto, perché mi sento potente, a volte quasi invincibile, c’è questa sensazione che ti fa sentire sia super presente che evanescente e ti da dipendenza. Che cosa strana a pensarci, sei in uno spazio delimitato, gli occhi puntati su di te con sguardi fiduciosi perché in quel momento sospeso tutti ti credono e ti sostengono. Inoltre il palco è dove canti e condividi le canzoni, e le mie canzoni sono scritte per essere condivise come fossero lettere, che poi è l’unico modo che conosco per relazionarmi e parlare agli altri. Non significherebbero nulla senza nessuno ad ascoltarle. Quindi, sì, il palco è quel luogo n cui tutto comincia e finisce e senza il quale sare sopra un ring o in qualche posto del genere a sfogarmi.
Immagino ti sia messa al lavoro sul nuovo album, so che è presto ma puoi anticiparmi qualcosa? Sarà un evoluzione del tuo concept musicale e visivo o qualcosa di completamente diverso?
Entrambe le cose! Christine è cresciuta, ha girato il mondo e non è più una teenager e oggi si sente differente, ha attraversato fasi nuove e alteranti, e questo influenzerà l’estetica del nuovo disco che sarà più adulto, più spinto, più ruvido, più oscuro, più… to be continue.